Critiche esplicite giungono anche dalle autorità di Belgrado: i preparativi per l’incontro Italia-Serbia non sono stati fatti bene, ha detto il ministro degli interni e vicepremier serbo Ivica Dacic: «un piccolo gruppo di tifosi è riuscito a influenzare la sospensione della partita».
Il ministro, già portavoce del partito socialista di Slobodan Milosevic, ha anche sottolineato che la polizia italiana non ha chiesto notizie a quella serba. Anche il viceministro dello Sport della Serbia, Dragan Tanasov, si chiede «come sia stato possibile che gli hooligans abbiano potuto portare dentro quell’armamentario pirotecnico».
Il viceministro, che si è scusato con l’Italia per i disordini provocati ieri dagli ultrà della Serbia prima, durante e dopo la partita con l’Italia e dei danni arrecati all’Italia, ha sottolineato che «il danno maggiore lo ha ricevuto la Serbia».
Gli scontri di ieri, secondo l’esponente governativo, fanno sorgere «numerosi interrogativi. I controlli, di solito, sono a tappeto e non si capisce come abbiano fatto ad entrare nello stadio con tutte quelle armi. Non si capisce, ancora di più, come prima della partita un gruppo di hooligans abbia potuto bloccare il pullman della nazionale serba e ferire il portiere».
Mentre l’ambasciatrice serba a Roma Sanda Raskovic, nell’esprimere il disagio di un «intero popolo» per le azioni messe in atto dagli ultrà serbi, accusa la polizia italiana e della Serbia di non aver «agito con cautela» e di non aver saputo «prevenire».
Ma Maroni spiega che da Belgrado sono giunte al Viminale solo informative burocratiche e di routine, prive di alcun allarme. L’Osservatorio delle manifestazioni sportive ammette ’smagliaturè nel sistema informativo e carenze nei controlli all’ingresso dello stadio di Marassi, ma smentisce che ci sia stata una sottovalutazione dell’evento. Il conto dei danni intanto ammonta a 80 mila euro e il comune di Genova si costituirà parte lesa. Infine, il leader della Lega, Umberto Bossi, invita a non confondere i tifosi rei dei disordini con «il grande popolo serbo».
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